Quando si pensa a Firenze si pensa alla nascita del rinascimento, della lingua italiana, passeggiando per la città si incontrano palazzi storici, musei ad ogni sguardo.
Vi è mai capitato di vedere delle piccole “finestrelle” di piccole dimensioni ad altezza del gomito sui palazzi? Ecco questo sono le buchette del vino.
Le buchette del vino nascono intorno al XVII secolo e permettevano la vendita del vino al minuto direttamente in strada, senza passare dall’intermediazione dell’oste. Nei palazzi nobiliari venivano anche, usate per lasciare cibo e una brocca di vino per i più bisognosi.
Le finestrelle si aprivano sul pino terreno del palazzo dove un servitore, in determinato orari, curava la vendita delle bottiglie di vino. Le aperture hanno una forma a porticina con un archetto superiore, spesso decorate con punta a goccia. Le cornici di pietra conferivano un aspetto austero tanto che in antichità venivano detti ‘tabernacoli del vino’.
Le buchette del vino hanno una dimensione piccola, quanto bastava per farci passere un fiasco di vino.
Per quattro secoli hanno funzionato come originali punti vendita di vino dal produttore al consumatore.
Alcune buchette sono oggi murate, mentre altre riportano ancora lapidi che informano i clienti sugli orari di vendita stagionali. Le meglio conservate si trovano in via del Giglio e in via del Sole.
Le buchette del vino – oggi
Nel 2020, complice il distanziamento e le restrizioni sociali legati alla pandemia di Covid-19, alcuni locali hanno riaperto delle buchette per servire drink in sicurezza.
Grazie all’associazione delle Buchette del vino ne sono state censite circa 180. Ecco dove sono dislocate LINK.
Che ne dite di sorseggiare un bicchiere di vino che vi viene servito tramite la buchetta ?
Ecco quella della Cantina de Pucci in via dei Pucci 4A, un esperienza unica nel suo genere che troverete solo a Firenze.
Ogni buchetta ha la sua targa di riconoscimento, non vi resta che venire a Firenze e stare attenti ai muri dei palazzi del centro per scovare una delle tante buchette.
Anche Gabriele D’Annunzio ha lasciato testimonianza delle buchette del vino.
Ecco cosa scrive D’Annunzio ne “Il secondo amante di Lucrezia Buti” (1907).
“…cànove dei vini toscani, de’vini nostrali, del Chianti, di Pomino, d’Artimino, di Carmignano, di Montepulciano infiascati, e il colore della veste di sala nuova o vecchia ne′ fiaschi ordinati come i volumi nelle biblioteche…” e richiama il nostro sguardo verso “…il vinaio al finestrino della casa padronale, intento a abboccarli o a sboccarli o a sgocciolarli…”.
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